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FIUMI, BRIGANTI E MONTAGNE

E' il libro più intimo quello che Oreste Mottola ha appena dato alle stampe. Ritorna a scrivere e a pubblicare dopo una lunga malattia che racconta senza enfasi, con il tono della cronaca lui che giornalista lo è da lungo tempo, e riprende anche alcuni temi che lo appassionano, i gialli irrisolti, le piccole e grandi storie di uomini espressione di una terra di cui Mottola, originario di Altavilla Silentina, è da anni cantore e appassionato divulgatore senza perdere il piglio critico laddove è necessario. La parte più personale del libro "Fiumi, briganti e montagne. Nuove storie e misteri del salernitano" edizioni Magna Graecia, è il racconto della malattia, la scoperta del meningioma, "che non è una brutta parola come sembra ma una noce che in testa m'è nata ed è cresciuta e ora comprime l'area cerebrale". "La prima settimana è dura assai: due giorni prima dell'operazione chirurgica alla quale mi sottoporranno e almeno cinque giorni dopo per me saranno l'inferno" scrive Mottola. Un racconto in cui si mette a nudo: le notti insonni, gli incubi, la paura, la sofferenza fisica e psicologica. "Vedersi per la prima volta così fragile e in dipendenza quasi totale dagli altri, vi assicuro che è davvero psicologicamente devastante" scrive. E po il "sentirsi in gabbia", la ferita alla testa che "è la mia ferita di guerra, quasi mi piace, io hemingwayano lo sono sempre stato", il ritorno a casa sulla sedia rotelle, fin al giorno in cui decide di mettere via grucce e sedia per "alzarsi e pedalare". LA FORZA. Arriva però la pandemia, un nuovo crollo psicologico, "mi dovrò continuare a curare da solo, al massimo con l'aiuto del mio medico di base". Ma Mottola si rialza ancora, "sono vivo e scrivo". Fino ad ammettere: "Forse questo tumore mi ha salvato la vita". Commovente la lettera dell'amico medico, Fausto Bolinesi: "Quando ho saputo che Oreste era ricoverato in un reparto di neurochirurgia per essere sottoposto ad intervento chirurgico, in cuor mio ho espresso subito solidarietà ai neurochirurghi: conoscevo la sua testa dura ed ero consapevole che la parte più difficoltosa dell'intervento sarebbe stata proprio l'apertura della scatola cranica". In un'altra parte del libro, Mottola riprende due storie a lui molto care: la misteriosa scomparsa del sindaco di Battipaglia Lorenzo Rago e la presenza di Hemingway ad Acciaroli. Racconta l'incontro con l'avvocato Felice Colliani l'ultimo componente vivente del consiglio comunale di Battipaglia del 1953 con Rago sindaco, una testimonianza che "qualche passo in avanti al caso Rago la fa fare". Ritorna poi sulla storia di Hemingway ad Acciaroli, episodio non confermato da Fernanda Pivano e da alcuni intellettuali cilentanti che sono "tra i più accesi negazionisti". La tesi di Mottola è un'altra ed è collegata al caso Vassallo: "Questa era solo una delle battaglie che si combattevano contro Angelo Vassallo. Vassallo aveva voluto valorizzare la presenza di Hemingway ad Acciaroli, la conosce bene questa storia, perché Masarone u viecchie, è suo zio". Masarone è il pescatore amico di Hemingmay che diventerà Santiago ne "Il vecchio e il mare". A lui si rivolge Hemingway quando al bancone ordina: "Drink Tony". Poi la storia di don Savino Coronato, originario di Pertosa, amico del matematico Renato Caccioppoli. Mottola ricostruisce la sua figura scavando negli archivi della biblioteca comunale. Ampio spazio, infine, ai luoghi, ai fiumi come alle montagne, meglio quando i luoghi intrecciano la storia, come nel caso del capitolo "Guerra al Sele. Inglese e tedeschi all'assalto del nostro acquedotto" in cui Mottola racconta "il nostro Mississippi", ovvero il Sele, la grande diga tra Serre e Campagna, a partire dal primo attacco ad opera di Churchill nel 41. Monica Trotta "Il Mattino" 1 Novembre 2020